lunedì 23 maggio 2011

La musica sveglia il tempo: la West-East Divan Orchestra



È composta di ragazzi tra i 25 e i 30 anni, di livello professionale altissimo, sta girando per i più grandi teatri europei ed è passata anche a Roma. La sua peculiarità, che la rende unica al mondo, è che questa orchestra è formata per il quaranta per cento da musicisti provenienti dal mondo arabo, per un altro quaranta per cento da israeliani e per il venti da musicisti spagnoli dell’Andalusia, luogo che supporta questa orchestra, essendo l’Andalusia una terra in cui in passato arabi e ebrei convivevano in piena armonia.
Eh sì, la forza e il messaggio importante che questa orchestra vuol portare è proprio di tipo politico. Come illustra il suo fondatore e direttore, Daniel Baremboin:” E’ un orchestra mito, un’utopia incarnata, uno Stato binazionale, in nuce, che può far comprendere la potenza sovversiva della musica”. Sarà per questo che quando l’orchestra ha suonato a Roma l’Auditorium Parco della Musica era stracolmo di gente, e il presidente Napolitano ha presenziato l’incontro. Suoni magici, la forza travolgente di una musica suonata da giovani: biondi, scuri di pelle, tratti somatici affascinanti e diversi che sotto la direzione potente di Baremboin ‘coloravano’ la sala di emozioni diverse, tutte culminanti verso un senso di unità.
Perché la musica può portare questo messaggio?
Barenboim, che incarna in sé l’ideale che vuol comunicare ( è ebreo di origini russe, nato a Buenos Aires e cresciuto in Israele, ha la doppia cittadinanza), traduce con parole quello che vuol trasmettere con la musica:” E’ un’espressione che entra bei corpi nel modo più diretto e primordiale. L’orecchio è sempre aperto, la musica è fisicità: è questo a imprimerle la sua forza tremenda. Inoltre l’orchestra è una scuola d’ascolto dove nessuno può prevaricare l’altro. Il senso della musica è diventare uno”. A chi gli chiede se ci sono scontri di opinioni politiche all’interno dell’orchestra, Barenboim risponde di sì, eccome! Ed anche molto accesi, drammatici. Ma dopo che si è suonato sei , sette ore insieme, cercando di ottenere gli stessi effetti, un vibrato, una dinamica, un dialogo tra le parti, si stabilisce una relazione inevitabilmente diversa, che supera le opinioni, il pensiero individuale e lo trascende verso qualcosa di più importante.
Come non risuonare con queste parole, con questo messaggio che porta l’arte, la musica in un contesto sociale e politico, a far incontrare le persone attraverso le emozioni che possono nascere quando la parola tace?

Silvia Ragni

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