lunedì 12 aprile 2010

“La mia fotografa preferita-incontro interiore con Diane Arbus”



Mi ricordo quando qualche anno fa vidi per la prima volta le foto scattate da Diane Arbus, una delle piu' interessanti fotografe del novecento, in grado di rappresentare un'America come pochi erano stati in grado di vederla. Nelle sue foto traspare un mondo fatto di persone che solitamente sono al di fuori della normale espressione della bellezza, sottolineando ancora una volta come la fotografia possa rendere bello ed emozionante anche cio' che non e' definibile generalmente esteticamente piacevole. Rimasi sconcertata, un sentimento strano, che mi poneva in bilico tra l’euforia e la disperazione. Ricordo che è stata proprio una sensazione fisica, un attorcigliarsi dello stomaco, uno sgranarsi degli occhi. Che vi devo dire … non so spiegare esattamente perché, ma le immagini della Arbus toccano in me qualcosa di profondo, legato penso, proprio ad una intima condivisione di un punto di vista, di una scelta di dove e cosa guardare.
Nel film “Fur” di Steven Shainberg dedicato al racconto romanzato della sua esperienza umana e artistica, la Arbus è descritta come una donna rinchiusa fino a quel momento nelle consuetudini dell'epoca che la volevano come una donna che dava ancora il meglio di sè tra le mura domestiche, all’ombra del marito, importante pubblicitario. E sara' un incontro un po' surreale con un uomo affetto da una malattia che lo costringe a vivere ricoperto di peli su tutto il corpo e che aveva vissuto per questo in un circo, a risvegliare la vera Diane. Inizia a fotografare questo strano uomo e i suoi altrettanto strani amici del circo, rivelandone nelle immagini la poesia e la bellezza.

Oggi mi rendo conto che molto del lavoro che ho scelto ha a che fare proprio con una questione “fotografica”, cioè di inquadratura e di sguardo sul mondo. L’interesse per ciò che non risulta rassicurante, per quello che è diverso, quantomeno da me, per quello che non è sempre chiaro, per le identità misteriose. Mi piace questo straniamento nel guardare volti sproporzionati, espressioni e smorfie antiestetiche, mi piace pensare che siamo tutti un po’ circensi, poiché quello che mi turba non è tanto la stranezza quanto l’ostentazione del concetto di normalità!!!

Silvia Adiutori